Elaine Hsiao ricercatrice
presso CALTHEC, California Institute of Technology, USA, presenta a Malmö,
Svezia, il suo lavoro e i risultati delle ricerche sul tema Microbiota e Salute.
La dr.ssa Hsiao esordisce con
un po’ di numeri con cui abbiamo già preso un po’ di familiarità in post
precedenti. Il numero dei microrganismi, batteri, virus e protozoi che
ospitiamo è dieci volte il numero delle nostre cellule. Nell’intestino umano vivono
centinaia di trilioni di batteri appartenenti a oltre diecimila specie,
equivalenti a una massa stimata tra 0,9 e 2,7 chilogrammi (il cervello di un
essere umano adulto pesa tra 1,3 e 1,4 Kg). La stragrande maggioranza di essi
non è patogena. Questa quantità e varietà di microbi svolge funzioni da lungo
tempo conosciute:
- · Da’ un contributo alla digestione e al metabolismo energetico
- · Regola il sistema immunitario, modulando infiammazione e immunosoppressione
- · Condiziona la nostra risposta ai farmaci
Considerando
queste funzioni, si capisce l’importante ruolo che i microrganismi intestinali svolgono
nella suscettibilità alle malattie. Tuttavia, studi più recenti indicano che i
microbi commensali si sono evoluti con noi per svolgere anche un ruolo nello sviluppo
e funzionamento del nostro cervello. Tali ricerche sono condotte colonizzando
topi “germ-free” (cioè totalmente privi di microbi) con i microrganismi che si
vogliono studiare. In questo modo è stato possibile evidenziare il ruolo dei
batteri commensali nella regolazione di svariati comportamenti complessi tra i
quali ansia, apprendimento e memoria, appetito e sazietà.
Come fa un
microbo che vive nell’intestino a influenzare lo stato di salute o malattia del
cervello? L’intestino è dotato di un sistema nervoso proprio, il sistema
nervoso enterico, che è costituito da milioni di neuroni in grado di comunicare
tra loro attraverso le stesse molecole utilizzate dalle cellule del cervello. I
microbi che vivono nell’intestino possono influenzare il funzionamento del
sistema nervoso enterico e possono avere effetti sul comportamento, per esempio
sul livello di ansia e sul comportamento sociale, come dimostrano alcuni studi
sui topi.
Tre sono i
meccanismi finora noti con cui il microbiota intestinale influenza il funzionamento
del cervello:
Il primo è un meccanismo
diretto che consiste nell’attivazione del nervo vago il quale mette in contatto
le cellule dell’epitelio intestinale con le cellule della parte posteriore del
cervello. Attraverso questa via il batterio Lactobacillus
rhamnosus influenza comportamenti depressivi nei topi. Per esempio, la sua
presenza in topi sottoposti a stress determina un minor numero di sintomi depressivi.
Tale effetto è invece assente se il nervo vago è stato resecato.
Il secondo è un meccanismo
indiretto che passa per l’attivazione del sistema immunitario. Circa l’80% delle
cellule immunitarie risiede nell’intestino (quindi l’intestino è l’organo del
nostro corpo in cui è maggiore l’esposizione del sistema immunitario ai
microrganismi e ad altri elementi estranei). I batteri intestinali possono
attivare le cellule del sistema immunitario determinandone la proliferazione e possono
quindi incidere sull’attività del sistema nervoso. Sappiamo che anormalità nel
sistema immunitario giocano un ruolo in vari disordini neurologici, perciò si è
testato il potenziale ruolo dei batteri in individui affetti da tali patologie.
La Hsiao porta ad esempio la sclerosi multipla dei topi e spiega che gli
animali trattati con Bacteroides fragilis
resistono meglio alla malattia. Se però blocchiamo l’azione di un particolare
tipo di cellule T regolatorie, lo stesso batterio non sortisce alcun beneficio.
Ciò dimostra che il batterio in questione interagisce con queste particolari
cellule del sistema immunitario.
La terza modalità
di interazione si realizza attraverso l’attivazione del sistema endocrino
intestinale. Nell’intestino esistono cellule endocrine [cioè capaci di produrre
sostanze in grado di portare messaggi ad altre cellule e/o organi] che
producono neuropeptidi e neurotrasmettitori. I microbi sono in grado di
modificare i livelli di queste molecole prodotti dalle cellule endocrine
dell’intestino. Gli stessi microbi intestinali poi producono metaboliti
neuroattivi che, una volta raggiunto il circolo sanguigno, possono influenzare
il funzionamento del cervello. Questa via di comunicazione è stata testata in
topi che presentavano sintomi di tipo autistico: un trattamento con Bacteroides fragilis ha corretto anormalità
centrali della malattia come, per esempio, il deficit di comunicazione.
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