lunedì 25 febbraio 2013

Brevi messaggi su cibo e nutrizione da RADIO3 SCIENZA nella rubrìca "BUONO A SAPERSI"

http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/articoli/ContentItem-158a80b4-db72-4047-b10c-2a57ef0f11c7.html

nelle due puntate passate si è parlato di etichette del cibo biologico e delle proprietà del latte

Michela Sandias

giovedì 21 febbraio 2013

Il Prof. Claudio Franceschi sulla longevità. Non solo i nostri geni, ma anche la dieta ["la dieta è tutto"] e l'esercizio fisico hanno un ruolo.

 http://www.radio3.rai.it/dl/radio3/programmi/PublishingBlock-fa13fa37-1286-427b-a49d-015c7c38ee06-podcast.html?refresh_ce

Parole chiave: longevità invecchiamento centenari benessere felicità inflammaging

Michela Sandias

martedì 5 febbraio 2013

Pesce e Integratori di Olio di Pesce


Il Dr Rajiv Chowdury, intervistato da Wim Weber, è primo autore di una metanalisi pubblicata sul British Medical Journal in cui si parla di consumo di pesce, acidi grassi omega-3 a catena lunga e rischio cerebrovascolare.


La relazione tra pesce, acidi grassi omega-3 a catena lunga e malattie delle coronarie è nota. Le attuali linee guida raccomandano di consumare due porzioni a settimana di pesce, preferibilmente pesce ricco di grassi. Invece non è ancora chiara l’evidenza a supporto di un beneficio simile rispetto all’ictus. Questa nuova metanalisi, spiega Chowdury, prende in considerazione proprio gli studi che mettono in relazione rischio cerebrovascolare, consumo di pesce e acidi grassi omega-3.

Lo studio ha evidenziato una differenza considerevole tra il consumo di pesce bianco e il consumo di pesce ricco di grassi. Per pesce bianco di solito si intende merluzzo, asinello/eglefino, merlano ecc. In questi pesci gli oli si trovano tipicamente nel fegato. Invece, nei pesci grassi gli oli si trovano nei tessuti e nella cavità addominale e costituiscono fino al 30% del totale. La metanalisi di Chowdury e colleghi ha evidenziato una relazione inversa [tra consumo e malattia cerebrovascolare] nel caso del pesce grasso. Tale relazione inversa invece non è stata evidenziata per il pesce bianco. Questa differenza, spiega Chowdury, potrebbe essere dovuta al differente contenuto e localizzazione dei grassi nei due tipi di pesce. Tuttavia, alternativamente, essa potrebbe essere spiegata dal fatto che la maggior parte degli studi con il pesce bianco sono stati condotti nel Regno Unito e in Svezia, e che il pesce bianco consumato per questi studi in quei paesi era stato cucinato con l’uso di pastella oppure fritto in abbondante olio. Quindi, l’assenza di una relazione inversa nel caso del pesce bianco potrebbe essere dovuta al metodo di cottura. Infatti, la presenza, dovuta al metodo di cottura, di grassi dannosi quali gli acidi grassi trans, potrebbe “diluire” gli effetti protettivi che possiamo aspettarci dal consumo di acidi grassi omega-3. Perciò la mancanza di una relazione inversa nel caso del pesce bianco potrebbe non avere nulla a che fare con la reale quantità di acidi grassi omega-3 contenuta nei due tipi di pesce. Certamente, più dati sono necessari per chiarire questa particolare associazione. Quello su cui concordano autore e intervistatore è che i risultati degli studi nutrizionali non si prestano facilmente a essere estesi da un paese all’altro, e che il luogo dove si svolge la ricerca rappresenta uno dei limiti di questo tipo di indagini.
 
Per quel che riguarda la quantificazione dell’effetto benefico, Weber chiede quanto pesce si dovrebbe consumare in una settimana per avere qualche vantaggio o per ridurre il rischio di ictus. La metanalisi di Chowdury e colleghi dimostra che da due a quattro porzioni di pesce a settimana, rispetto a una o meno di una porzione a settimana, sono associate a una riduzione del 6% del rischio relativo di tutti i tipi di futuri eventi patologici cerebrovascolari. Il rischio di ictus futuri si riduce di circa il 12% quando si consumano cinque o più porzioni a settimana. Inoltre, la ricerca dimostra che per ogni due porzioni di pesce, c’è una riduzione del 4% del rischio di ictus. Tutti questi risultati sono statisticamente significativi. Una riduzione del rischio del 6% può sembrare modesta. Tuttavia, l’autore fa notare che solo nel Regno Unito ogni anno 150000 persone sono colpite da ictus. Quindi, guardando alla popolazione, questa riduzione dal 4% al 6% è piuttosto rilevante.

In netto contrasto con quanto dimostrato per il pesce sono i dati riguardanti gli integratori di olio di pesce. Infatti, non è stato notato un effetto consistente degli acidi grassi omega-3 per quel che riguarda la riduzione dell’ictus. Questo dato non è facile da interpretare, dice Chowdury, poiché le sperimentazioni sugli effetti degli integratori di olio di pesce considerati in questa metanalisi sono state condotte principalmente su persone con una storia precedente di malattia, oppure su persone ad alto rischio di malattia cardiovascolare. Per un confronto valido sono necessarie sperimentazioni sulla popolazione sana

 Nel complesso l’idea che emerge da questa metanalisi è che oltre agli acidi grassi omega-3 il pesce contiene un pacchetto di nutrienti salutari la cui combinazione o la cui reciproca influenza può avere effetti benefici sulla salute cardiovascolare e cerebrovascolare. Allora, passando all’applicabilità dei risultati, per migliorare il profilo di rischio Chowdury propende per consigliare di consumare un po’ più di pesce piuttosto che prescrivere integratori di acidi grassi omega-3.

In tema di malattie cardiovascolari e loro prevenzione è utile segnalare gli ultimi dati dell'Agenzia Italiana del Farmaco su quali sono le medicine più utilizzate in Italia. Lo scorso primo febbraio il Prof. Luca Pani, direttore generale dell'Agenzia, raccontava al GR3 che le medicine più acquistate sono i farmaci per il sistema cardiovascolare.