venerdì 9 ottobre 2015

In cammino verso un mondo sempre più … dolce. La scomparsa del sapore amaro dai nostri piatti.


Se in una parte del mondo ci si attiva per soccorrere e salvare “la dolcezza”, un miele selvatico rarissimo, nei paesi sviluppati marciamo, spinti dall’industria, verso cibi sempre più dolci e sapori meno bruschi.  Di dolcezza qui da noi ne abbiamo in abbondanza e stiamo invece perdendo il gusto amaro e le molecole che lo determinano, e con esse i loro benèfici effetti sulla salute. Dan Saladino, BBC4, ne parla in un episodio di “Food Programme” conversando con la chef e scrittrice Jennifer McLagan; con la reporter scientifica Marta Zaraska; con l’esperto di piante selvatiche Miles Irving; con la scrittrice e insegnante di cucina Monisha Bharadwaj; e con il fisico Peter Barham. Qui riassumo il podcast, che è ascoltabile su http://www.bbc.co.uk/programmes/b06f4z3k#play.

Frutta e ortaggi sono oggi ripensati dall’industria per essere meno amari. I broccoli, per esempio, devono il loro sapore amaro ai glucosinolati, perciò se ne selezionano varietà che ne contengono meno. Un altro esempio è la naringina, che conferisce agli agrumi e in particolare al pompelmo il gusto caratteristico, e viene eliminata dal succo attraverso un trattamento con resine che possono sottrarne più del settanta per cento. Tuttavia, glucosinolati e naringina sono alcune di quelle sostanze, prodotti secondari delle piante, che dovremmo consumare abitualmente perché hanno effetti positivi sulla nostra salute.

Quindi, se abbiamo nelle orecchie il mantra “cinque porzioni di frutta e verdura al giorno”, l’assenza di queste molecole per intrusione dell’industria alimentare non ci fa un gran favore. Anche se attendiamo conferme scientifiche definitive, eliminare i glucosinolati significa privarsi di sostanze con potenziale azione detossificante, antiossidante, anticancerogena, antinfiammatoria e antibatterica (LARN 2014, Livelli di Assunzione di Riferimento dei Nutrienti pubblicati dalla Società Italiana di Nutrizione). E l’altra molecola sotto attacco? La naringina è un flavonoide il cui apporto con la dieta è stato messo in relazione con una riduzione significativa del rischio di alcune malattie cronico-degenerative (LARN 2014). Oltre alla nota stimolazione della secrezione gastrica, l’amaro ha dunque altri effetti benefici… Allora, custodiamo il sapore amaro!

Suona come uno spot pubblicitario, e uno degli esempi portati da Dan Saladino di come la cultura gastronomica conservi e desideri il sapore amaro è proprio il Fernet Branca, oggi molto popolare negli USA e in Argentina. I consumi di Fernet Branca non saranno in Italia ai livelli di quelli americani, tuttavia la chef Jennifer McLagan porta ad esempio la cultura culinaria italiana, in cui compaiono ingredienti amari come radicchi e cicorie e, aggiungiamo noi, carciofi e cardi. Il valore dell’ingrediente amaro, secondo questa chef australo-canadese, è il contributo che danno nel creare sapori più complessi e ricchi. L’invito è a sperimentarli, per esempio nelle insalate o utilizzando cioccolato ad alta percentuale di cacao.

La mimica facciale di qualcuno che ha appena ingerito un boccone molto amaro illustra la naturale avversione che l’essere umano ha sviluppato per difendersi da sostanze tossiche, come gli alcaloidi. Tuttavia non tutto ciò che è amaro è tossico, e la propensione al rischio (e, in questo caso, all’assaggio di specie ignote) tipica della specie umana ha portato a includere nella dieta alimenti amari ma innocui e, quindi, ha permesso di ampliare la varietà di alimenti disponibili per il sostentamento: un vero vantaggio dal punto di vista evolutivo. La curiosità ha portato l’essere umano a includere tra gli ingredienti culinari il frutto di Momordica charantia, il più amaro tra i vegetali edibili oggi noti (http://www.diabetes.co.uk/natural-therapies/bitter-melon.html). In India, la cui gastronomia è generosa di ingredienti amari, lo chiamano karela e per la medicina ayurvedica non deve mancare nel piatto del diabetico di tipo 2 . Sul suo potere ipoglicemizzante sta investigando anche la ricerca medica “occidentale”, come mostrano le pubblicazioni sul Journal of Ethnopharmacology (2011), su Chemistry and Biology (2008), sul Journal of Clinical Epidemiology (2007), e sul British Journal of Nutrition (2009).

Il sapore dolce ci piace subito perché è così, diciamo, “facile”, ma è associato a effetti negativi sulla salute; quindi conviene rivalutare l’amaro e tenerne presenti gli effetti benèfici. E’ il suggerimento di Miles Irving, fondatore dell’azienda Forager Ltd. Irving è un “wild food expert”, e raccoglie e vende piante selvatiche mangerecce, funghi e alghe ad alcuni tra i migliori ristoranti di Londra, ispirato all’inizio della sua attività imprenditoriale dall’obiettivo di promuovere il cibo selvatico e i suoi sapori.

Se la tendenza è far scomparire l’amaro dal mercato, questa è una buona ragione per andare a cercarlo e per imparare ad apprezzarlo. Non dobbiamo perdere un sapore, ci ritroveremmo nel futuro con alimenti sempre meno diversi tra loro anche per il gusto, e sempre meno sani.

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