Il Dr Rajiv
Chowdury, intervistato da Wim Weber, è primo autore di una metanalisi
pubblicata sul British Medical Journal in cui si parla di consumo di pesce,
acidi grassi omega-3 a catena lunga e rischio cerebrovascolare.
La relazione tra pesce,
acidi grassi omega-3 a catena lunga e malattie delle coronarie è nota. Le
attuali linee guida raccomandano di consumare due porzioni a settimana di
pesce, preferibilmente pesce ricco di grassi. Invece non è ancora chiara l’evidenza
a supporto di un beneficio simile rispetto all’ictus. Questa nuova metanalisi, spiega Chowdury, prende in considerazione proprio gli studi che
mettono in relazione rischio cerebrovascolare, consumo di pesce e acidi grassi
omega-3.
Lo studio ha
evidenziato una differenza considerevole tra il consumo di pesce bianco e il
consumo di pesce ricco di grassi. Per pesce bianco di solito si intende
merluzzo, asinello/eglefino, merlano ecc. In questi
pesci gli oli si trovano tipicamente nel fegato. Invece, nei pesci grassi gli
oli si trovano nei tessuti e nella cavità addominale e costituiscono fino al
30% del totale. La metanalisi di Chowdury e colleghi ha evidenziato una
relazione inversa [tra consumo e malattia cerebrovascolare] nel caso del pesce
grasso. Tale relazione inversa invece non è stata evidenziata per il pesce
bianco. Questa differenza, spiega Chowdury, potrebbe essere dovuta al differente
contenuto e localizzazione dei grassi nei due tipi di pesce. Tuttavia,
alternativamente, essa potrebbe essere spiegata dal fatto che la maggior parte
degli studi con il pesce bianco sono stati condotti nel Regno Unito e in Svezia,
e che il pesce bianco consumato per questi studi in quei paesi era stato cucinato
con l’uso di pastella oppure fritto in abbondante olio. Quindi, l’assenza di
una relazione inversa nel caso del pesce bianco potrebbe essere dovuta al
metodo di cottura. Infatti, la presenza, dovuta al metodo di cottura, di grassi
dannosi quali gli acidi grassi trans, potrebbe “diluire” gli effetti protettivi
che possiamo aspettarci dal consumo di acidi grassi omega-3. Perciò la mancanza
di una relazione inversa nel caso del pesce bianco potrebbe non avere nulla a
che fare con la reale quantità di acidi grassi omega-3 contenuta nei due tipi
di pesce. Certamente, più dati sono necessari per chiarire questa particolare associazione.
Quello su cui concordano autore e intervistatore è che i risultati degli studi nutrizionali
non si prestano facilmente a essere estesi da un paese all’altro, e che il luogo
dove si svolge la ricerca rappresenta uno dei limiti di questo tipo di indagini.
Per quel che riguarda la
quantificazione dell’effetto benefico, Weber chiede quanto pesce si dovrebbe
consumare in una settimana per avere qualche vantaggio o per ridurre il rischio
di ictus. La metanalisi di Chowdury e colleghi dimostra che da due a quattro
porzioni di pesce a settimana, rispetto a una o meno di una porzione a
settimana, sono associate a una riduzione del 6% del rischio relativo di tutti
i tipi di futuri eventi patologici cerebrovascolari. Il rischio di ictus futuri
si riduce di circa il 12% quando si consumano cinque o più porzioni a
settimana. Inoltre, la ricerca dimostra che per ogni due porzioni di pesce, c’è
una riduzione del 4% del rischio di ictus. Tutti questi risultati sono
statisticamente significativi. Una riduzione del rischio del 6% può sembrare
modesta. Tuttavia, l’autore fa notare che solo nel Regno Unito ogni anno 150000
persone sono colpite da ictus. Quindi, guardando alla popolazione, questa
riduzione dal 4% al 6% è piuttosto rilevante.
In netto contrasto con quanto
dimostrato per il pesce sono i dati riguardanti gli integratori di olio di
pesce. Infatti, non è stato notato un effetto consistente degli acidi grassi omega-3
per quel che riguarda la riduzione dell’ictus. Questo dato non è facile da
interpretare, dice Chowdury, poiché le sperimentazioni sugli effetti degli integratori di olio
di pesce considerati in questa metanalisi sono state condotte principalmente su
persone con una storia precedente di malattia, oppure su persone ad alto
rischio di malattia cardiovascolare. Per un confronto valido sono necessarie sperimentazioni
sulla popolazione sana
Nel complesso l’idea che emerge da questa metanalisi è che oltre agli acidi grassi omega-3 il pesce contiene un pacchetto
di nutrienti salutari la cui combinazione o la cui reciproca influenza può
avere effetti benefici sulla salute cardiovascolare e cerebrovascolare. Allora,
passando all’applicabilità dei risultati, per migliorare il profilo di rischio Chowdury propende per consigliare di consumare un
po’ più di pesce piuttosto che prescrivere integratori di acidi grassi omega-3.
In tema di malattie cardiovascolari e loro prevenzione è utile segnalare gli ultimi dati dell'Agenzia Italiana del Farmaco su quali sono le medicine più utilizzate in Italia. Lo scorso primo febbraio il Prof. Luca Pani, direttore generale dell'Agenzia, raccontava al GR3 che le medicine più acquistate sono i farmaci per il sistema cardiovascolare.
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