Neil Bowdler,
BBC, intervista il Prof. Chris Toumazou, ingegnere biomedico, e il Prof. Sir
Stephen Bloom, capo dell’Unità di Diabetologia Endocrinologia e Metabolismo
dell’Imperial College London.
Il microchip può ricreare
i segnali neurali responsabili del controllo dell’appetito. Il prof. Toumazou
spiega che funziona grazie a uno strato chimico in grado di diagnosticare le “firme”
chimiche che fluiscono lungo il nervo vago per monitorare l’appetito. Il nervo
vago mette in relazione il cervello con il sistema metabolico, ed è attraverso
questo nervo che si possono osservare le varie firme chimiche che vogliamo
monitorare. Il monitoraggio di questi segnali ci permette poi di stimolare il
cervello a contrastare ciò che stiamo tentando di monitorare. Un esempio lo
suggerisce l’intervistatore: il chip capta il segnale chimico che dice “dammi
da mangiare”; una volta riconosciuta questa informazione, lungo il nervo
sensoriale viene inviato uno stimolo elettrico che dice “non darmi da mangiare”.
Si tratterebbe quindi di un modo per controllare l’appetito attraverso la
rigenerazione del processo di controllo, conclude Toumazou. Il prof. Bloom, che
si occupa della parte medica dello studio, spiega che la più importante applicazione
del microchip è tentare di prevenire l’epidemia di obesità attesa per i
prossimi anni e le morti causate dalle complicazioni associate a questa
condizione. Il microchip rappresenterà un’alternativa alla chirurgia, un
trattamento quest’ultimo che pare assurdo pensare di applicare a metà della
popolazione e che,inoltre, non sempre è coronato da successo. Il microchip
potrà essere utilizzato in maniera diffusa, allo stesso modo con cui si
applicano gli apparecchi acustici, e il suo effetto sarà la riduzione
dell’appetito conseguita in modo naturale. Al cervello arriverà lo stesso
segnale che arriverebbe naturalmente dall’intestino dopo un pasto. Questo
segnale dice “non mangiare più, l’intestino è già pieno, non hai più necessità
di mangiare”. Al contrario con, per esempio, il bendaggio gastrico il paziente
continua a sentire la necessità di mangiare.
I test svolti
sino a oggi hanno dimostrato che è possibile monitorare le reazioni chimiche
che fluiscono lungo il nervo vago. Entro i prossimi tre anni, il microchip sarà
testato sugli animali obesi e poi sugli esseri umani. Perché il trattamento
diventi rutinario occorrerà attendere cinque anni.
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